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«Se non immaginiamo il futuro come possiamo credere che esista? Adesso penso che fra un paio d'anni l'atmosfera si ristabilirà, il danno sarà riparato, e noi cammineremo di nuovo alla luce limpida del sole».
Una specie di solitudine, John Cheever - traduzione di Adelaide Cioni
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Monoporzioni è un libro che ho letto in anteprima e che mentre scrivo sta andando in stampa: dietro queste pagine ci sono ziczic e Cozinha Nomade, una piccola casa editrice di cui mi sono innamorata subito e un progetto dedicato alla cucina di quartiere.
Non è la classica raccolta di ricette: mette insieme i mesi di isolamento e la riscoperta del cibo come di un momento capace di farci sentire ancora la vicinanza e il calore delle altre persone, come racconta bene questo video che mi ha fatto sorridere e commuovere.
Nasce dalle Smart Co.cooking, videochiamate con 151 cucine in tutta Europa, per preparare insieme piatti di culture e storie diverse e conoscersi tra un esperimento e l'altro, in case in cui spesso la tavola è apparecchiata solo per una persona.
Mi piacciono i progetti che mettono al centro facce e voci e che provano davvero a trovare un filo che ci unisca mentre la pandemia ci toglie la gioia delle tavolate: il crowdfunding di Monoporzioni è attivo ancora per una settimana, in tempo per fare un bellissimo regalo di Natale.
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Mi sono accorta che dei libri che leggo mi resta sempre più impresso il fuori che il resto: lo stile, i personaggi, la storia vengono sempre dopo, perché mi interessano molto di più le descrizioni della luce, della natura e delle città, tutti elementi su cui prima mi soffermavo poco.
È stato cambio di prospettiva di cui mi rendo conto solo adesso: sottolineo molto di più le pagine che mi portano in qualsiasi posto che non sia una stanza, perché così faccio il pieno immaginario di mondo fuori e per un po' sto davvero altrove.
Ho imparato che in ogni lettura si nasconde una piccola rivelazione che aspetta solo di essere accolta: io prendo un quaderno e appunto i paesaggi, le strade e le atmosfere che mi restano dentro. Tra un anno sarà bello riguardare questa mappa.
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Una cosa che mi ha fatto cambiare idea
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Il 2020 ha ribaltato tutto: se provo a descriverlo con un'immagine mi viene in mente quando, da bambina, mentre eravamo al mare mio zio rovesciò improvvisamente il canotto pensando che così avrei imparato subito a nuotare.
Un attimo prima navighi placida sulle onde, un attimo dopo ti ritrovi con gli occhi che bruciano e con il sale in bocca: non ho imparato a nuotare né allora né mai, ma in questi mesi ci sono state tante piccole prove, tanti momenti in cui mi sono sentita sfilare il mondo da sotto i piedi. Un po' per la pandemia, un po' perché a volte quel canotto l'ho rovesciato io.
È successo quando ho deciso di lasciare minima&moralia, è successo quando ho capito che volevo mettere in discussione tanti altri aspetti della mia vita: avrei potuto lasciare tutto com'era e non farmi domande, ma c'era un'irrequietezza di fondo che chiedeva di essere ascoltata, pensieri che volevano essere pensati, canotti che volevano essere rovesciati. E adesso? Adesso polvere, calcinacci e lavori in corso.
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E tu, come stai?
Mi racconti le cose che hai imparato, scoperto o che ti hanno fatto cambiare idea? Se ti va, puoi scrivermi rispondendo a questa mail.
Ci rileggiamo a gennaio.
Nel frattempo abbracci stretti,
Valentina
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